Esplorazioni, viaggi, avventura, cosmopolitismo. Ma anche famiglia, patriottismo, politica. Voglia e gioia di vivere.

È nel segno di questa grande ricchezza che si dispiega il Fondo fotografico dell’Archivio della Famiglia Camperio, costituito da un prezioso patrimonio di circa 1700 fotografie del XIX e XX secolo, custodito dal Comune di Villasanta, proprio all’interno della villa in cui i Camperio hanno vissuto e che porta il loro nome.

Nella raccolta fotografica dei Camperio, la casa (la famiglia, la patria) e il viaggio (il mondo, l’ignoto) sono i due poli tematici complementari che definiscono un percorso esistenziale snodato tra sicurezza e curiosità, comuni a tutti i componenti della famiglia, partecipi di una medesima mentalità trasmessa, con l’educazione, da una generazione all’altra.

Considerando le immagini vere e proprie tracce da seguire, non solo si può raccontare la storia dei Camperio, ma si può anche provare a delineare un quadro molto più ampio relativo ai diversi momenti storici documentati nella collezione. Il pater familias è Manfredo Camperio (1826-1899), solida figura di uomo dell’Ottocento.

Patriota appassionato, vive in prima persona le lotte risorgimentali: poco più che ventenne è sulle barricate delle Cinque Giornate di Milano. Decisiva nella sua formazione è la madre, Francesca Ciani: donna forte e intelligente, trasmette ai figli grandi valori quali libertà, patriottismo e dignità personale.

Manfredo cresce in un contesto internazionale, avendo di fronte a sé un futuro già scritto di proprietario terriero, a cui non si adeguerà. La sua vocazione è molto più avventurosa: vedere il mondo. A venticinque anni parte, mettendo a rischio la sua vita, per l’Australia, il suo primo grande viaggio.

Ma al centro dei suoi interessi c’è l’Africa: considerata “una vocazione commerciale italiana”, come scrive il periodico “L’Esploratore. Giornale di viaggi e geografia commerciale”, fondato da Manfredo nel 1877, a cui seguirà la nascita della Società d’esplorazione commerciale in Africa nel 1879.

Entrambi erano strumenti utili a promuovere esplorazioni e studi, per capire quali risorse e sbocchi commerciali potesse offrire all’Italia il Continente Nero (costa mediterranea, Libia, Corno d’Africa e Sudan meridionale in particolare), secondo un modello di “colonialismo commerciale” pacifista, alternativo a ogni piano di conquista militare.

La passione di Manfredo per i viaggi però non si esaurisce qui: continuerà tutta la vita a recarsi con i suoi in terre vicine e lontane. Notevole il viaggio familiare in Egitto del 1887, di cui resta un pregevole corpus di fotografie, in gran parte scelte dalla amatissima figlia Fanny (che morirà solo tre anni dopo, diciottenne) e acquistate sul posto. Tutte queste immagini sono il prodotto di uno sguardo occidentale: siamo di fronte a una rappresentazione occidentale dell’Oriente e, tuttavia, spesso si colgono sincera attenzione e rispetto per la realtà esplorata. Di padre in figlio, si può dire che l’allievo superi il maestro: “Pippo” Camperio (Filippo, nato nel 1873), scegliendo la carriera militare in Marina decide di essere un viaggiatore professionista a tempo pieno. E fin da ragazzo fa fotografie: il padre gli regala la sua prima macchina nel 1890.

Alla fine del 1894, Manfredo parte con Pippo e il figlio minore Giulio per l’Asia: India, Singapore, Malesia. Pippo prosegue poi da solo in Estremo Oriente (in Giappone acquista una serie di notevoli albumine colorate a mano), in Australia e America. Di questo itinerario tutto maschile rimangono i negativi su lastra di vetro di Giulio, ventenne appassionato di fotografia, ciclismo, scienza (amico di Guglielmo Marconi), che scompare a soli ventidue anni. Sono scatti di grande freschezza, da cui traspare un genuino interesse nei confronti di luoghi e persone. Tra il 1898 e il 1900 Pippo è di servizio in Estremo Oriente (Cina e Giappone), da cui riporta diverse fotografie, molte realizzate da lui stesso. Emergono già chiaramente alcuni tratti della sua personalità: curiosità, socievolezza, capacità di adattamento ai più diversi ambienti.

Tra le immagini comprate, sorprendono le foto segnaletiche di prigionieri della colonia penale dell’Isola di Sakhalin, impenetrabili.

Nello stesso periodo, a Monza veniva ucciso il Re Umberto I (29 luglio 1900): i Camperio, molto legati ai Savoia, hanno conservato un album dei suoi funerali.

Nel 1901, Pippo fa il suo secondo giro del mondo, toccando India, Australia, Nuova Zelanda e Sud America. Dopo una medaglia d’argento al valore per aver combattuto contro i pirati nel Mar Rosso, nel 1903 è inviato a presidiare il forte di Shanhaiguan, nell’ambito della spedizione internazionale in Cina, in seguito alla rivolta dei Boxer del 1900. La località è suggestiva: l’estremità orientale della Grande Muraglia lambisce quasi il mare, lasciando tra Cina e Manciuria un passaggio strategicamente importante.

Qui diventa un fotografo più esperto, che mostra un interesse profondo per gli abitanti del paese in cui si trova, per le loro usanze e mentalità. Pippo si trova quindi già sul posto, nel momento in cui i giapponesi fanno scoppiare la guerra russo-giapponese, distruggendo a sorpresa la flotta russa a Port Arthur  nel febbraio 1904: viene nominato addetto militare italiano presso l’esercito russo ed è inviato in Manciuria, per redigere una dettagliata relazione delle operazioni militari. I russi saranno sconfitti a Mukden e a Tsushima (1905). Aldilà degli obbiettivi territoriali, l’esito del conflitto è davvero epocale, perché una potenza occidentale viene sgominata da una potenza asiatica per la prima volta, mettendo in discussione il mito della superiorità dell’uomo bianco: Pippo ne è un testimone privilegiato.

La mole di fotografie relative al conflitto, sia scattate personalmente, sia acquisite da altri, è impressionante: nel Fondo Camperio sono quasi due terzi. La fotografia diventa così uno strumento di lavoro per la raccolta di informazioni e la documentazione dei fatti. Malgrado l’eterogeneità di temi, autori, stili, questo grande reportage di guerra e viaggio è caratterizzato da una coerenza interna: la cifra unificante è l’assenza di retorica. Il che assume la massima evidenza nella preziosa sequenza dell’armistizio tra russi e giapponesi, con l’incontro delle bandiere bianche e le firme dei generali sul campo di battaglia, in un’atmosfera dimessa e anti-eroica.

Gli avvenimenti bellici non vengono mai esaltati, prevale anzi una profonda pietà per “gli orrori della guerra”, per i morti e i feriti sofferenti. È in quest’ottica che va considerata la serie di immagini di decapitazioni a Pechino, a cui Pippo assiste da vicino: documenti eccezionali, che niente hanno a che vedere con la moda morbosa dei souvenirs macabri per turisti, in auge in Cina all’epoca.

Gli anni passano e il trentenne scanzonato dalla barba lunga è divenuto un uomo maturo. Addetto navale a Washington e Madrid, si sposa con l’americana Eleonor Terry (che si rivelerà in seguito indomabile antifascista), si fa onore durante la Prima guerra mondiale e diventa ammiraglio. Lasciato il servizio attivo in Marina, si occupa di dispositivi per il miglioramento della navigazione.

Quando dall’unione della Santa di Monza con Villa San Fiorano nasce il Comune di Villasanta (1929), Pippo dona alla collettività un terreno limitrofo a Villa Camperio, su cui viene innalzato il Municipio. Sono gli anni dell’adesione al fascismo.

Il giovanotto eccentrico e dandy nel 1940 è ormai l’ammiraglio canuto, che ritroviamo al varo di una nave a Monfalcone: ma sempre con lo stesso lampo negli occhi.


contributo di: ILARIA M. P.  BARZAGHI

Storica contemporaneista, si occupa specialmente di Ottocento e Novecento.

Studiosa degli aspetti simbolici dei fenomeni socio-politici e culturali, della rappresentazione della modernità (specialmente nelle esposizioni universali e industriali), di iconografia e Visual Culture, nelle sue ricerche privilegia un approccio interdisciplinare che fonde storia dell’arte e storia culturale.

Tra i suoi principali campi di ricerca c’è anche il dibattito artistico-culturale durante i regimi totalitari del XX secolo.

Ha pubblicato tra l’altro Milano 1881: tanto lusso e tanta folla. Rappresentazione della modernità e modernizzazione popolare (Silvana, 2009) sull’Esposizione industriale di Milano del 1881, letta attraverso le fonti iconografiche.