Giovanni Donadelli ci presenta il Museo di Geografia di Padova: partire dall’esperienza personale per riflettere sul proprio modo di esplorare il mondo e di fare geografia.

Giovanni Donadelli è uno dei più attivi animatori del panorama geografico italiano. Solida formazione da insegnante della scuola primaria, progressivamente rivolge la sua attenzione alla ricerca universitaria relativa all’educazione geografica e alla didattica della geografia. In questo percorso diventa anche uno dei principali artefici e oggi responsabili del Museo di Geografia, istituito a Padova a partire dal dicembre 2019 – il primo in Italia. È tra i promotori del portale “Missioni Geografiche” dedicato a raccogliere e diffondere quelle attività, pratiche e di riflessione, utili a promuovere un’educazione geografica “divergente” tra adulti e bambini.

Giovanni sarà presente al Festival delle Geografie edizione 2020 come formatore all’interno di un corso di formazione rivolto ai docenti, organizzato in collaborazione con l’Associazione Italiana Insegnanti di Geografia.

Oggi ci facciamo raccontare come è nata l’idea di allestire un museo geografico, quale sia l’impostazione che ne sta alla base e quale ruolo gioca la geografia nel nostro tempo.

Giovanni, qual è stato il percorso che ti ha portato dalle scuole primarie alla ricerca in ambito geografico?

Giovanni Donadelli

Dopo aver conseguito il diploma di perito informatico ho capito che mi dava più soddisfazione dedicarmi alle relazioni interpersonali. Così, dopo un anno di studi dedicato alle Scienze dell’Educazione, mi sono iscritto per poi conseguire con lode la laurea in Scienze della Formazione Primaria. Dal 2010 al 2017 ho insegnato in una scuola paritaria e poi in una pubblica per un totale di tre anni. Nel mezzo ho svolto un dottorato in Geografia alla ricerca, su scala europea, di quale fosse il ruolo e il possibile contributo delle tecnologie all’insegnamento e all’apprendimento della geografia nella scuola primaria. Durante i miei anni universitari ho avuto modo di studiare e vivere nel Regno Unito, in Finlandia, in Brasile e in Germania: tutte occasioni preziose che mi hanno aiutato ad allargare la prospettiva sull’educazione geografica.

Quando avete avuto l’occasione/l’intuizione di pensare concretamente a un museo di geografia?

Proprio mentre svolgevo il mio dottorato presso l’Università di Padova il Dipartimento di Geografia “Giuseppe Morandini” – unico in Italia in cui fosse possibile veder lavorare geografi fisici e umani, fianco a fianco – è stato smembrato dalla legge Gelmini. I geografi e le geografe padovane sono stati così costretti a dividersi tra i Dipartimenti di Geoscienze, Ingegneria Civile e Scienze Storiche, Geografiche e dell’Antichità. Prima di farlo però, durante l’ultimo Consiglio di Dipartimento (era il dicembre del 2011), hanno deciso all’unanimità di cercare di salvaguardare il patrimonio comune (fatto di carte, strumenti, fotografie, plastici, globi, atlanti, ecc.) attraverso un progetto museale.

Grazie ad un assegno di ricerca, dal 2015 al 2017, ho avuto l’onore e l’onere di poter seguire in prima persona questo percorso di musealizzazione del patrimonio, con l’obiettivo di far luce sull’eredità culturale esistente e allo stesso tempo di far emergere e maturare l’idea museologica alla base di quello che il 3 dicembre 2019 sarebbe diventato il primo museo d’Italia dedicato a questa disciplina.

Cosa troviamo all’interno del museo? Come funziona?

Il visitatore si troverà a doversi confrontare con se stesso e con l’immagine che nel profondo associa alla geografia

Il visitatore che avrà l’opportunità di visitare il Museo si troverà innanzitutto a doversi confrontare con se stesso e con l’immagine che nel profondo associa alla geografia. Il percorso di visita parte infatti dal vissuto personale di ciascuno per rivolgersi poi al patrimonio storico e recente della geografia patavina attraverso gli spazi del prestigioso Palazzo Wollemborg e le esposizioni presenti nelle sale tematiche mirate ad “esplodere” le tre parole chiave dell’esposizione: Esplora, Misura, Racconta. Durante il percorso il visitatore avrà l’occasione di vedere alcuni globi seicenteschi e ottocenteschi, ammirare una delle collezioni di plastici geografici più ricche e meglio conservate d’Italia, conoscere e studiare gli strumenti scientifici utilizzati nel lavoro di campo, guardare alcuni scatti dell’immensa collezione fotografica patavina, e ancora, scoprire antiche cartografie, preziosi manoscritti e utopici progetti. Durante il percorso di visita il visitatore entra in contatto con una piccola porzione del patrimonio culturale della geografia patavina, capace però di porre questioni di grande impatto per la vita di ciascuno di noi. I visitatori del nostro Museo, infatti, non sono considerati spettatori ma abitanti, e in quanto tali ricevono inviti diretti ad interagire, approfondire, prendere posizione ed agire nel proprio contesto di vita.

Esplorare, misurare e raccontare: azioni personali e collettive che chiedono di entrare in relazione con l’altro e l’altrove

Esplorare, misurare, raccontare: sono ancora questi i compiti della geografia? Cosa resta da fare?

Esplorare, misurare e raccontare sono tre verbi che riassumono i compiti fondamentali della geografia, validi anche oggi come al tempo di Eratostene e Strabone. Queste azioni, infatti, sono al tempo stesso personali e collettive e ci richiedono di entrare continuamente in relazione con l’altro e l’altrove in una prospettiva multiscalare e multifocale capace di indagare il mondo attraverso la complementarietà dei metodi delle scienze naturali e di quelle sociali.

Qual è secondo il tuo punto di vista la priorità per la geografia del futuro?

Per evitare il rischio di ridursi a semplice teoria capace di tassidermizzare il mondo, la geografia del futuro dovrà secondo me valorizzare questa sua doppia anima e potenziare quindi il suo carattere interdisciplinare orientato alla visione olistica e inclusiva della realtà. Proponendo e valorizzando una visione globale e plurale dei fenomeni, infatti, potrà contribuire alla comprensione e alla soluzione delle grandi sfide di oggi e del prossimo futuro quali la sostenibilità, i cambiamenti climatici e la mobilità di persone, idee, merci e culture.


Le immagini contenute nell’articolo sono tratte dal sito del Museo di Geografia. Per maggiori informazioni sul museo vi invitiamo a visitarne il sito internet o la pagina Facebook.

Intervista a cura di Alfio Sironi per il Comitato scientifico del Festival.